Empatia, quante volte abbiamo sentito questa parola pronunciata nelle situazioni più disparate. Forse se ne fa un uso improprio, ma potrebbe considerarsi il fondamento dell’agire umano su ogni fronte. Un atteggiamento empatico viene sperimentato ogni giorno, dal dialogo con il proprio partner, con i figli, a lavoro. Esso potrebbe definirsi come la posizione mentale che ti permette di tenere aperte le porte di una comunicazione attiva e proficua. “Mettersi nei panni dell’altro” questa è la definizione che associamo più spesso a questa piccola ma immensa parola. Provate a immaginare, di mettervi davvero nei panni dell’altro, oggi anche le pubblicità rivelano un messaggio metaforico di questo tipo e lo rappresentano esattamente con personaggi che indossano vestiti che sono di taglie più grandi o più piccole. Una metafora significativa, visto che rappresenta simbolicamente ciò che quello che riguarda l’altro potrebbe risultarci scomodo, in quanto troppo stretto (soffocante) o troppo largo quindi lontano da un nostro modo di vedere e percepire le cose. In psicologia l’eccezione che viene data è quella di un atteggiamento “non giudicante e di accettazione dell’atro incondizionatamente”. Esercizio difficile non credete? In effetti l’empatia non è una capacità che si può apprendere facendone semplicemente “uso giornaliero”. Essa è più il risultato di una nostra storia emozionale, è un impronta indelebile che la nostra personalità ha acquisito, riuscendo così a immedesimarsi nell’altro. E’ importante però fare una distinzione, poiché per comprendere a fondo il significato del termine empatia è necessario distinguerlo da un altro concetto, simile ma non sovrapponibile: la simpatia. La differenza più profonda consiste nel fatto che provare simpatia, significa partecipare al vissuto emotivo dell’altro: quello che sto provando sono mie emozioni che mi fanno sentire vicino all’altro. L’empatia, invece, riguarda aspetti cognitivi ed emotivi dell’esperienza altrui e viene “vissuta” come lui la vive. Il rapporto esemplare è quello della madre-bambino. La capacità di capire e rispondere ai bisogni del neonato è infatti un chiaro segnale di empatia della mamma nel comprendere i bisogni identificandone le emozioni e le corrette corrispondenze. Questo produce un impronta importante in quello che sarà l’ uomo adulto, il quale porterà per sempre con sé il corredo di una solida maturità psico affettiva. E’ sempre su di essa infatti che si basa una solida la relazione di coppia. Un uomo/donna affettivamente maturi riescono ad amare in maniera costruttiva ed armoniosa. La coppia che decide di vivere un rapporto empatico l’uno verso l’altro avrà la capacità di comprendere che non basta solo la simpatia/empatia ma dovrà considerare anche come atteggiamento di base del rapporto l’autenticità, l’ascolto attivo. Ascoltare in maniera costruttiva significa poter dare voce alle emozioni percepite e quindi svelare in maniera autentica le proprie sensazioni.
A cura della Dott.ssa Lorenza Bonanno
Counsellor
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