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Camporotondo etneo: “Inno” alla primavera tra le verdure di campagna

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di Elisa Coppola .
Primo giorno di primavera in campagna vissuto pienamente da un gruppo di ventisette studenti di una prima classe della Scuola Media Statale “Mario Pluchinotta” di S. Agata Li Battiati (CT), coordinata dalla direttrice dott.ssa Linda Piccione. L’interessante iniziativa è stata proposta dal Prof. Sergio Reina, docente di Matematica e Scienze presso la stessa Scuola, che ha accompagnato il gruppo in una florida campagna di Camporotondo etneo (CT), situato sulle pendici dell’Etna.
Alto il coinvolgimento degli studenti nel percorso sensoriale, formativo, in ambiente naturale, nella giornata di lunedì 21 marzo, per imparare a saper riconoscere e raccogliere le verdure selvatiche edibili che crescono sui terreni vulcanici: Cavolicello (Caliceddi) Piattello o Costolina (Cost’i vecchia, Cosc’i vecchia)), Finocchio selvatico (Finucchieddu di timpa), Strigoli (Canatedda), Borragine (Urrania), Asparago pungente (Spariciu niuru), Bietola selvatica (Sechili, Gidi), una grande varietà di verdure rinvenute tra la Ginestra odorosa, la Ferula comune e il Mandorlo, che in questo periodo mostra una copiosa fioritura. Il supporto didattico, fornito dalla dott.ssa Elisa Coppola, esperta in Fitoalimurgia, si è basato sul riconoscimento pratico delle piante attraverso la forma delle foglie, dei fiori, oltre che dell’odore dovuto alla presenza di olii essenziali, (come, per esempio quelli presenti nel finocchio selvatico), che caratterizzano alcune piante. L’andar alla ricerca di verdure selvatiche un tempo, era considerato una sorte di “rito” che veniva espletato anche dalle donne che sapevano riconoscere una grande varietà di verdure selvatiche commestibili che crescono sull’Etna (si contano circa una sessantina di specie), pratica questa che rappresentava una fonte di guadagno e di sostentamento per le famiglie meno abbienti, sopratutto in tempi di carestie, a causa dell’azione devastante delle guerre. Oggi, l’andar per verdure selvatiche non costituisce certamente una necessità, ma si può considerare come un salutare hobby che può regalare vari benefici. Durante la visita in campo, particolare risalto è stato posto sul Cavolicello, una gustosa Brassicacea che rappresenta un “emblema” del territorio etneo, in quanto attecchisce esclusivamente nei suoli che hanno avuto origine dai prodotti piroclastici del nostro Vulcano; essa, è pure presente a Pantelleria. Si è voluto, altresì, porre particolare attenzione sulla eventualità di confondere le suddette specie edibili con altre piante, tossiche, a causa della somiglianza di alcuni caratteri morfologici che, d’impatto, possono indurre in errore il raccoglitore poco esperto. Tra gli esempi più classici di errata interpretazione delle verdure selvatiche, per fini gastronomici, sono state messe a confronto le fronde di Ferula, pianta tossica, non aromatica, che per ingestione causa la ferulosi, una forma di intossicazione grave che induce problemi gastrici, sia nell’uomo che negli animali, (nei bovini e negli ovini), con le fronde del finocchio selvatico, pianta edibile, aromatica, molto ricercata e utilizzata nella cucina tradizionale siciliana.
Anche la borragine e la bietola selvatica vengono spesso confuse con una pianta tossica, la Mandragora, (assente nella campagna in questione) che, per ingestione, causa severi stati di avvelenamento nell’uomo e negli animali, provocando delirio e allucinazioni, per la presenza di un complesso alcaloideo simile a quello dell’atropina.
La raccolta delle verdure selvatiche edibili è stata eseguita dagli studenti sotto la supervisione della dott.ssa E. Coppola e di un conoscitore di piante selvatiche edibili, il Sig. Luciano Rapisarda che ha messo a disposizione il proprio fondo, un tempo adibito a vigneto. Tra le piante presenti nel sito che hanno attirato l’attenzione dei ragazzi in visita, il Guado (Cavulu carammu), ha spiccato sia per abbondanza che per i piccoli fiori di colore giallo intenso. Si tratta di una comunissima pianta che viene utilizzata nell’industria tintoria, poiché dalle foglie, attraverso un trattamento chimico con ammoniaca, si estrae un famoso colorante naturale, blu: l’indaco, molto utilizzato, ancor oggi, per colorare i jeans. Evidente, dunque, l’entusiasmo degli studenti che hanno preso parte a questa ricreativa attività, per aver imparato a riconoscere e a raccogliere squisite verdure spontanee che hanno portato a casa. Chiudiamo il nostro report della promettente giornata in campagna, con una celebre frase di John Muir: “In ogni passeggiata nella Natura l’uomo riceve molto di più di ciò che cerca”. Poiché è la Natura stessa che offre tanto senza chiedere nulla in cambio, se non il dovuto rispetto per essa.
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