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Dagli scarti della canapa alla plastica vegetale. Intraprendenza siciliana

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HemBioPlastic (HBP) è un brevetto frutto di una ricerca siciliana. “La speranza è che in futuro le plastiche petrolchimiche saranno sostituite da quelle vegetali” ci dice il catanese Giovanni Milazzo, che insieme al ragusano Antonio Caruso, è fondatore di Kanèsis e padre di questo sogno.
Si tratta di una bobina per stampanti 3D, un filamento marrone che è un bio-composito vegetale derivante dagli scarti di lavorazione della canapa industriale e battezzato, appunto, HempBioPlastic (HBP). È il primo risultato di un percorso che vede due giovani siciliani impegnati in un progetto che ha l’aria di una missione. Il punto di partenza è la chemiurgia, la chimica applicata che si occupa della preparazione dei prodotti industriali da materie prime agricole e naturali. È un progetto che coinvolge uno staff di siciliani, e due veneti; una trentina di persone con la voglia di mettersi in gioco provando a darsi un futuro e a darne uno alla Sicilia che sia rispettoso dell’ambiente.
 Zona Franca ha intervistato Giovanni Milazzo, studente di Ingegneria dei materiali, che ci ha spiegato l’importanza di guardare al passato per progettare il futuro: la loro bio-plastica è il risultato di un passato fatto di scarti (quelli della lavorazione della canapa) e di un futuro di materiali biodegradabili. Sottolinea che l’ecosostenibilità va promossa a dispetto di modelli economici dominanti che puntano su prodotti industriali, traendo forza dal presunto costo elevato della produzione eco. Ci dice che la loro bio-plastica ha un prezzo concorrenziale.
 Kanèsis : fusione di canapa e movimento, kinesis. Come nasce?
“Kanèsis nasce dall’idea di trovare e sviluppare nuovi materiali in grado di rispondere alla domanda di mercato legata al rispetto dell’ambiente e alla sua sostenibilità. In poco tempo abbiamo ricevuto molti feedback da aziende interessate, e la curiosità di altro pubblico ci ha spinto a lavorare sempre di più. Kanèsis oggi ha intorno un gruppo di persone, che prestano la loro professionalità e il loro tempo per dimostrare che è possibile fare impresa anche nel nostro territorio. Stiamo sviluppando una bio-plastica ottenuta con gli scarti vegetali della canapa industriale che si è rivelata, rispetto alle altre bio-plastiche presenti sul mercato, migliore sul piano delle proprietà fisico-meccaniche e con maggiore leggerezza”.
Hai ricevuto aiuto per la realizzazione di questo progetto?
“Sia da un punto di vista istituzionale che privato abbiamo ricevuto molte proposte di collaborazione, ma al momento preferiamo andare avanti da soli per avere completa libertà in campo decisionale. Ci tengo a ringraziare l’Università di Catania per il sostegno, in particolare i proff. Guarnaccia e Cosentino; il prof. Gianluca Cicala per la disponibilità, e per la possibilità di utilizzare i macchinari in dotazione al Dipartimento”.
Quali ostacoli avete affrontato?
“Gli ostacoli sono stati soprattutto culturali. Trattare la canapa ha tirato fuori una sottocultura legata al proibizionismo e a false credenze. Noi utilizziamo lo scarto della pianta. Da un punto di vista tecnico e logistico, la produzione di termoplastici in Sicilia è dispendiosa, e su questo stiamo impiegando tutte le nostre risorse”.
Quali sono gli obiettivi più importanti che avete raggiunto finora?
“L’obiettivo più importante è stato dimostrare come sia possibile sviluppare materiali nuovi tramite processi produttivi non innovativi. Intendo dire che i materiali sono nuovi per le biomasse usate ma, essendo materiali termoplastici in pellets, possono essere processati con dei normali estrusori presenti in tutto il mondo. Intuizione e voglia di scommettersi sono serviti da lancio; la tenacia è stata il nostro punto di forza per raggiungere la prima meta. Rimane ancora molto da fare, ma vedere il filamento in HBP® stampato non ha prezzo. Sembra la concretizzazione del volere è potere. A dispetto di disfattismo e menefreghismo, abbiamo creduto che il cambiamento fosse possibile, e lo è. Lo attuiamo in modo pratico scommettendo su un materiale di uso comune, la plastica, che ora acquista tutt’altro significato e valore. Non vogliamo abbandonare questa strada”.
In che cosa siete impegnati adesso?
“Adesso stiamo organizzando la campagna di crowdfunding sulla piattaforma Indiegogo; una cosa che richiede energia, e crea aspettative. Spero in una risposta da parte del pubblico. Finora c’è sempre stata, ma ora ci lanciamo sul mercato, usciamo dalla fase embrionale per presentarci al mondo. Ecco perché durante la campagna i nostri prodotti saranno acquistabili da dovunque. Ci sentiamo pronti, il momento storico è favorevole: la crescente consapevolezza ambientale, la cultura green che oggi è quasi una moda, ci fanno gioco.  Allo stesso tempo politica e istituzioni richiedono un’economia e un consumo più responsabile”.
I vostri progetti futuri?
“Nel breve periodo entrare nel mercato, per avere ossigeno e implementare la produzione. Nel lungo periodo sviluppare un’economia circolare in cui gli scarti abbiano valore e il contadino maggior potere negoziale e d’acquisto. La Kanèsis di domani sarà un’azienda pioniera della filiera industriale che parte dai campi e arriva a tanti settori produttivi senza perdere mai l’attenzione per l’ambiente. Sogniamo un’industria che fondi armonicamente primario e secondario in unico macro settore”.
Dostoevskij si augurava che la bellezza salvasse il mondo, noi lo speriamo, e ci auguriamo pure che semplicità e coraggio lo rivoluzionino. È superfluo dire che Zona Franca fa il tifo per la realizzazione dei sogni di questa giovane e intraprendente azienda. Forza, ragazzi!
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