di Elisa Coppola .
Si è appena conclusa a Valverde (CT) la Settima edizione del “Corso di Etnobotanica etnea”, nel salone privato della famiglia Gravina. Il noto corso catanese, sin dalla sua nascita (2012), è stato organizzato e promosso, per la prima volta in Sicilia, dall’Associazione Stelle e Ambiente, (Associazione per la ricerca e la divulgazione scientifica astronomica e ambientale intitolato ad oggi alla memoria del prof. Marcello La Greca e presieduta dal prof. Giuseppe Sperlinga), e, in questa Settima edizione, in sinergia con l’Associazione Etna Garden Club di Valverde (presidente dott.ssa Giovanna Cosentino). Significative le adesioni al corso nelle sue quattro lezioni teorico-pratiche, alla scoperta degli usi tradizionali più variegati delle nostre piante spontanee dell’Etna, presentate dai docenti del corso, prof. Salvatore Arcidiacono e dalle dott.sse Elisa Coppola e Giovanna Marletta. Ad aprire il corso, il decano dell’ Etnobotanica, prof. S. Arcidiacono (ideatore del corso) con la sua prima lezione dal titolo: “L’ Etnobotanica etnea”, che ha dato chiare spiegazioni sulla natura dell’etnobotanica: “L’ Etnobotanica studia il rapporto tra le piante selvatiche e l’uomo in vari settori: nell’’agricoltura, nella pastorizia, nella medicina, nella veterinaria, nell’alimentazione, nella pesca, nei riti, nei giochi, nell’artigianato e nei modi di dire”. Le “protagoniste” di questo primo step alcune piante spontanee, comunissime nelle nostre zone: la Canna domestica, (Canna), la Ferula comune (Ferra) e il Castagno (Castagnu). In tempi passati, esse, hanno contribuito con il loro utilizzo a far crescere l’economia del Paese, in vari ambiti: nell’edilizia, nell’agricoltura e nell’artigianato. Infatti, fino agli anni cinquanta, prima dell’avvento delle materie plastiche, la canna domestica, ha rappresentato una eccellente materia prima dalla quale poter ottenere una notevole quantità di manufatti, utili al contadino come pure alla massaia e all’intera comunità. A tal proposito, l’Arcidiacono prosegue la sua lezione mostrando agli astanti alcuni oggetti realizzati a mano da abili mastri artigiani: “La Canna domestica (in gergo Canna), veniva lavorata, singolarmente, o, assieme ad altri elementi vegetali, sempre spontanei, per fabbricare innumerevoli oggetti. Uno di questi, che si distingue per la sua singolarità è la cosiddetta cavagna, ovvero, quel contenitore rustico, vegetale, sui generis, che veniva utilizzato per il commercio della ricotta. La cavagna, è da ritenersi un esempio di“nanotecnologia” e i maestri artigiani che la preparavano erano chiamati cavagnari; altro uso della canna, come termoisolante per la costruzione dei sottotetti (tetti ‘ncannizzati) per i rustici, intrecciata per la costruzione di panieri (panara) di varie misure, o, per fabbricare le stuoie (cannizzi) utili per essiccare i fichi secchi e i pomodori, e, ancora, l’emblematico fischietto siciliano di canna (friscalettu), venduto oggi come souvenir.
La seconda lezione dal titolo,“Fitoalimurgia etnea: Verdure, Aromatiche e Frutti”, è stata presentata dalla dott.ssa E. Coppola (naturalista ed esperta in etnobotanica), un approccio teorico-pratico con il mondo vegetale, per imparare a saper riconoscere, raccogliere, conservare e cucinare le verdure che crescono spontaneamente nei nostri suoli etnei, ritenuti tra i più fertili d’Europa. Una moltitudine di specie edibili, (oltre una cinquantina) popolano, infatti, detti suoli, ognuna delle quali è distinguibile per alcuni caratteri evidenti ad occhio nudo, (forma e spessore della foglia, forma del fiore e del frutto, eventuale odore), messi in evidenza, attraverso la manipolazione di alcune verdure-campione portate in aula. Tra queste, si annoverano alcune di esse che costituiscono un ottimo ingrediente per la cucina povera siciliana, ricca di sapori e di nutrienti: gli Strigoli (Cannatedda), la Radicchiella (Cudduredda), il Finocchietto (Finocchiu rizzu), la Bietola selvatica (Giri o Sechili), la Borragine (Urrania), il Piattello (Cosci’i vecchia), senza dimenticare l’”oriundo” etneo, il Cavolicello (Caliceddu), tutte queste verdure versatili da consumare in frittata con le uova, come condimento per primi piatti o secondi, in insalata. Giuste avvertenze sono state date, poi, sui luoghi di raccolta, non inquinati, e sulla possibilità di poter confondere facilmente specie commestibili con specie non commestibili, tossiche per ingestione, a cui la stessa relatrice ha dedicato una sezione a parte, per evitare lo scambio. Tra queste annoveriamo la Mandragora (mennula ona), specie allucinogena, spesso confusa con la bietola selvatica, gustosa verdura, la Ferula con l’aromatico finocchietto, a causa delle lacinee somiglianti in ambedue le specie.
La Terza ed ultima lezione, “Piante selvatiche nella medicina e nella veterinaria popolare” è stata curata dalla dott.ssa Giovanna Marletta (biologa e guida Aigae), che ha proseguito il corso ponendo l’interesse sempre sulle specie spontanee etnee, però, con proprietà officinali. I rimedi naturali per la cura e la salute del corpo dell’uomo e degli animali domestici, provenienti dalle piante, sono stati da sempre un elemento d’interesse per la comunità, per alleviare alcuni sintomi, non cronici, da cui poter ottenere dei benefici. Le foglie fresche di Borsa del pastore (Urza pasturi), per esempio, sono efficaci per problemi di epistassi o di ferite superficiali; le infiorescenze dell’Iperico o Erba di S. Giovanni (Piricò), sottoforma di oleolito, danno sollievo in casi di bruciature e dolori articolari; il macerato delle foglie di Ruta d’Aleppo (Aruta) in olio di oliva è un rimedio naturale per gli ematomi. I preparati di queste e di molte altre piante officinali, sono stati mostrati ai corsisti dalla stessa Marletta, con le indicazioni sulle modalità di preparazione in casa.
Infine, i corsisti, insieme ai tre relatori, hanno concluso il corso con il riconoscimento pratico e con la raccolta delle verdure spontanee a Zafferana etnea (CT), nei terreni dell’agriturismo “La rocca della rosa”, un antico vigneto in cui crescono aiosa molte delle specie succitate, al termine del quale è stato rilasciato un Attestato di partecipazione al corso e di un cd con le tre lezioni e di una pubblicazione de “Le verdure spontanee dell’Etna” del prof. S. Arcidiacono.
Si profila, a breve, l’organizzazione di un’ottava edizione del Corso di Etnobotanica etnea”, organizzato sempre dalla medesima Associazione Stelle e Ambiente.
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