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Call center Qè, ancora fumata nera

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Resta alta la preoccupazione per i dipendenti del call center Qè di Paternò che, da mesi, brancolano nel buio a seguito della situazione economica e finanziaria che espone l’azienda a un debito di circa 6 milioni di euro. Un ammanco che ha portato alla mancanza di retribuzione verso i dipendenti, ormai da qualche mese. Nessun passaggio di testimone, com’era stato anticipato, a seguito della riunione a porte chiuse, svoltasi oggi a Palazzo Alessi, alla quale hanno partecipato il primo cittadino, Mauro Mangano, i direttori di Transcom e Gpi, l’impresa Di Bella e, ovviamente, l’amministratore delegato del Qè, Mauro De Angelis. Ci s’interroga su come un’azienda, non solo avviata negli anni sul territorio ma con commesse e introiti ben stabiliti, possa avere un “buco” così difficile da tappare. A quanto pare, infatti, “il costo del lavoro non è ripagato dal volume degli affari”, dichiara l’amministratore delegato De Angelis che cerca d’illuminare i nostri bui ragionamenti.
“Dopo l’assemblea di bilancio del 30 giugno, dalla quale è uscita questa situazione, la legge m’impone di portare il tutto in tribunale. Sto rispondendo personalmente e penalmente – continua De Angelis – di quello che non ho fatto e lo dico senza volermene lavare le mani. Ho deciso di mantenere un’etica del lavoro e non andarmene, come avrei potuto, ma la questione qui è molto importante perché ci sono centinaia di lavoratori che si devono tutelare. Abbiamo una prospettiva importante da seguire, in tempo brevi perché la situazione dell’azienda non ci consente di procrastinare oltre. C’è stata una manifestazione d’interesse e dobbiamo cercare di portare a termine questa possibilità. Dobbiamo correre e ottimizzare le operazioni, il tempo non fa’ altro che aumentare i debiti”.
Un apprezzamento, durante la nostra lunga chiacchierata, va ai dipendenti, lui preferisce chiamarli collaboratori, che non abbandonano il campo seppur tra mille difficoltà. “Solo grazie alla loro professionalità e senso di responsabilità posso operare, per il bene dell’azienda e della salvaguardia dell’occupazione. Alla fine di tutta la vicenda – assicura l’amministratore delegato – il Qè non trarrà nemmeno un centesimo”.
In trattative del genere, dove vi è uno che vende e un altro compra, sembrerebbe normale giocare ad alzare e abbassare i prezzi; chi sarà interessato all’acquisto del Qè dovrà dimostrare che è un caso disperato.
“Avere subito un’offerta avrebbe fatto sentire troppo importante il cedente – dice il sindaco Mangano -, ma ci siamo dati delle scadenze. Cosa da non sottovalutare la scrematura effettuata, infatti la platea degli interessati si è ridotta facendo presentare solo due aziende Transcom e Gpi. Per chiudere un contratto definitivo è necessario un mandato, per questo il Qè troverà dei professionisti capaci di valutare eventuali offerte, se ci saranno, e di far rispettare delle precise condizioni. Ho chiesto delle vincoli sociali come la localizzazione dell’azienda nel territorio, per evitare che i lavoratori vengano dirottati in altri siti e l’integrità. I termini dell’affitto per le commesse, invece, saranno date dallo stesso Qè”.
In queste due settimane, dunque, gli incaricati dell’azienda raccoglieranno le offerte e avranno una procura notarile che gli permetterà di stipulare un contratto d’affitto con diritto di prelazione, prassi necessaria per permette all’azienda affittuaria di rilevare il call center. La fumata bianca sull’argomento si prevede al prossimo incontro fissato il 9 settembre in Prefettura a Catania.

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