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Le contraddizioni della politica italiana. La crisi della destra, le lotte intestine dei 5 Stelle e le difficoltà del governo di Matteo Renzi

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Non v’è alcun dubbio che la crisi economica che ha duramente colpito l’Italia negli ultimi 8-9 anni ha indebolito il sistema-Paese, facendo emergere con più evidenza limiti e contraddizioni che erano già presenti da tempo, ma la debolezza della politica italiana non dipende solo dalla crisi economica, è per certi versi endemica. E negli ultimi 20-25 anni questa fragilità che prima veniva meglio nascosta è esplosa sotto gli occhi di tutti. La crisi dei partiti già palese prima del crollo del Muro di Berlino e negli anni ’90 esplosa con Tangentopoli è diventata una malattia grave. Anche perché sin dall’inizio si è curata la malattia con le medicine sbagliate. Molti italiani si sono convinti, o sono stati convinti, che la soluzione di ogni problema fosse distruggere i partiti, inseguendo l’antipolitica, il nuovismo sfrenato. Invece di puntare alla rifondazione ed al rinnovamento dei partiti, a partire dagli anni ’90, si è fatto credere agli italiani che i partiti erano il male da cui liberarsi, come se potesse esistere una democrazia senza partiti. In tutte le democrazie del mondo, grandi, medie o piccole, sono i partiti (di destra, centro o sinistra, conservatori e progressisti) che si contendono la guida di un Paese.
L’antipolitica che è stata proposta agli italiani non è solo quella del falso mito dell’imprenditore che con la bacchetta magica risolve tutti i problemi (si è visto dopo 20 anni i disastri che sono stati innestati dai conflitti di interesse e da deboli visioni politiche volte a delegittimare la magistratura), non è solo quella dei populisti che gridano e urlano insulti razzisti e xenofobi giocando sulle rabbie, le paure, i legittimi disagi dei ceti popolari e medi che più di tutti hanno pagato il costo della crisi internazionale, l’antipolitica è anche quella dei tecnici al potere. Si pensi agli errori clamorosi di Monti e Fornero che hanno indebolito fortemente lo stato sociale, hanno indebolito i diritti, hanno avallato la politica di cieca austerità dell’Unione Europea che ha portato all’impoverimento di molti ceti sociali popolari e medi.
La crisi della destra e del berlusconismo
Il flop politico del berlusconismo ha lasciato macerie nel centro-destra, Parisi è chiamato a rifondarlo (va riconosciuto a Berlusconi il merito di aver capito che serve un rinnovamento profondo chiamando una persona seria, preparata e moderna) e ad innovarlo. Ma Parisi nonostante il buon risultato a Milano, ha contro la nomenclatura del suo partito. Di sicuro ha però un dato della realtà a supportarlo, nonostante la crisi del centrodestra esistono ancora gli elettori italiani del centrodestra. Così come esistono quelli di centrosinistra, anche se in parecchi non sono andati a votare alle amministrative per dare un forte segnale a Renzi. Non sono soddisfatti delle politiche economiche, delle politiche sulla scuola, dell’insistenza sulle riforme costituzionali, di una certa narrazione del tutto va bene. Renzi sembra averlo capito e con accortezza sta aggiustando il tiro, si vedrà dai fatti concreti cosa accadrà. Molto più efficace appare la sua lotta nell’Ue per ottenere una maggiore flessibilità sui conti pubblici. Noi ci limitiamo in maniera super partes a notare che nella nuova fase Renzi usa toni più dialoganti, costruttivi, fa aperture sulla legge elettorale… Va detto però che nonostante alcuni suoi provvedimenti positivi la crescita economica ancora non si vede, ed è questo il tema più sentito dagli italiani.
La questione dei 5 Stelle merita un’analisi a parte. Non vi è alcun dubbio che vi è una carica di innovazione genuina e positiva in loro, ma quello che sta accadendo a Roma (e prima in altri comuni) mostra come non esistono i detentori assoluti dell’etica e della trasparenza, e che il Movimento 5 Stelle è un partito come gli altri, fatto di uomini e donne che hanno pregi e difetti come gli altri. Se vogliono affermare un nuovo modo di far politica (in gran parte hanno abbandonato la politica degli insulti) debbono aprirsi di più, uscire dalla realtà virtuale e confrontarsi maggiormente con i problemi concreti. Non far finta che non sono attraversati da dure lotte di potere interne (sono cose che fanno parte del genere umano) ma risolverle in maniera equilibrata e trasparente.
I 5 Stelle possono evolvere in forza di governo se riescono a trarre insegnamento dai clamorosi errori romani, anche perché spesso l’auto-isolamento forzato porta a scelte sbagliate, in continuità con il passato. Il web è utile ma è uno strumento, non la vita medesima.
Aprirsi al mondo, invece, vuol dire anche scegliere figure di qualità che non fanno parte del Movimento ma possono dare un contributo alla collettività, vuol dire dialogare fuori dagli steccati.
Vuol dire credere anche nella dignità degli altri. La libertà è libertà di confronto e di dissenso. Ma non chiusura a priori. Quanto alla politica libera, non può dipendere da un avviso di garanzia che è uno strumento a garanzia dell’indagato non una certezza di colpevolezza.
Uscire dal giustizialismo è utile per rafforzare le battaglie di legalità, bisogna comprendere che la gogna mediatica (o dei social) che trasforma un indagato o sospettato di indagini in un colpevole è una aberrazione. Che può distruggere la vita degli individui ma anche le speranze di una forza politica. Il caso di Roma è emblematico, l’estremismo giustizialista si può anche ritorcere contro chi lo solleva. Questo non vuol dire che in casi gravi i politici o i tecnici non debbano dimettersi (anche immediatamente), ma prima di arrivare a questo bisogna acclarare la veridicità dei fatti. Non basta una indagine, che molte volte è un atto dovuto. Oppure un sospetto sui social. Bisogna capire caso per caso. Altrimenti nella gogna mediatica indiscriminata nessun politico avrà più il coraggio di agire, di prendere decisioni. Si rischia l’immobilismo. La lotta per la legalità è una priorità ma occorre evitare che venga strumentalizzata, altrimenti diventa propaganda urlata e vacua…