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Il vino tra storia e archeologia nella serata inaugurale dell’anno sociale della F.I.D.A.P.A di Paternò

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In occasione dell’Inaugurazione dell’ anno sociale 2016/ 2017 della F.I.D.A.P.A., sezione di Paternò , il  27 ottobre scorso nella Chiesa di S. Caterina d’Alessandria di Paternò si è svolta una brillante conferenza tenuta da Giuseppe Barbagiovanni, Responsabile regionale giovani SiciliAntica avente come tema Il vino nell’antichità. Dopo i saluti della Presidente prof.ssa Maria Virgillito Auteri alle varie autorità militari e civili presenti, il maestro Turi Marchese, poeta e cultore delle tradizioni popolari, accompagnato dalla sua inseparabile chitarra ha introdotto l’argomento, con una sua breve ma significativa composizione in versi, facendo così  da piacevole preambolo alla magnifica serata.   L’origine della viticultura, come ha illustrato il relatore, è molto antica e va ben oltre la cultura greca. Nel villaggio neolitico di Hajjj Firuz Tepe, nei monti Zagros, c’è  stato il primo ritrovamento di un contenitore vinicolo mentre all’Epopea di Gilgamesh risale la prima citazione scritta sulla dolce bevanda. Bassorilievi assiri di 6.000 anni fa rappresentano, già, scene di banchetti con schiavi che servono il vino, dopo averlo attinto da grandi crateri con preziose coppe, a vari commensali. La pittura parietale di una tomba tebana della XII  dinastia, in Egitto, raffigura dei contadini con grappoli d’uva vicino a una pergola. Anche  nella Bibbia il vino è considerato un elemento simbolico che fa da tramite tra l’uomo e Dio. In Grecia sono nati tanti miti intorno alle origini del vino e non tutti riconducibili a Dioniso, il cui culto inizialmente non era associato al prezioso liquido. In Sicilia e nella Magna Grecia la coltivazione della vite si diffuse dopo l’arrivo dei primi coloni greci che utilizzarono il vino come merce di scambio con le popolazioni indigene. Così,  tramite la pratica conviviale del simposio, esso divenne un elemento di civilizzazione per le èlites locali che, da parte loro, trasmisero ai Greci alcune  tradizioni del luogo: come il gioco del kottabos, che consisteva in un prova di abilità da parte dei commensali i quali direttamente dai lettini, dov’erano sdraiati,  dovevano colpire e far cadere un piattello di metallo, situato su un’alta asta, con il vino rimasto  nelle  coppe. Alcune tombe, che hanno restituito corredi funerari  e oggetti d’uso comune come le roncole da vendemmiatore (falculae vineariae), i dolia, contenitori per la raccolta del mosto seminterrati nelle grandi ville rustiche, e le anfore, ritrovate nel fondo del mare,  costituiscono la  conferma archeologica della diffusione della viticultura (già ampiamente testimoniata dalla tradizione storica e letteraria) anche presso i romani, grandi intenditori e stimatori di vini pregiati come il Falernum, Pompeianum, Mamertinum, Tauromenitanum, offerti nei sontuosi banchetti delle case patrizie. Il vino buono però era riservato solo a pochi eletti, mentre il resto, quello acetoso e annacquato era utilizzato per lavare e conservare le verdure o se, proprio imbevibile, veniva dato anche agli schiavi. Coscienti, però, delle strane potenzialità del vino, capace, se bevuto in eccesso, di provocare euforia fino all’estremo effetto di una smaniosa follia, i Greci cercarono di regolarne la consumazione della frenetica bevanda (che i romani diluivano nell’acqua per evitarne le devastanti conseguenze)  facendola rientrare in una pratica rituale controllabile. Il vino, contenuto nelle idrìe, nelle oinochòe e nei kylix,  doveva essere bevuto dai vari commensali, collettivamente, durante il simposio, da cui erano escluse le donne, seguendo determinate prescrizioni religiose. Solo in questo modo poteva garantire una certa ebbrezza, espressa artisticamente nella rappresentazione del Satiro danzante, colto nell’attimo dell’estasi orgiastica in preda a una frenesia dionisiaca, in stato di trance in contatto con la Divinità, e aprire, così, una via verso la vita eterna, prima ancora dell’avvento del Cristianesimo.
Tutto questo e tanto altro ancora  è stato esposto nella simpatica serata, durante la quale Giuseppe Barbagiovanni, ha brillantemente intrattenuto gli ospiti,  con le sue immagini affascinandoli con racconti  e curiosità legati al mondo del vino. A completamento una “archeologica” scenografia,  costituita da alcune riproduzioni in terracotta di vasi potori che  hanno fatto rivivere la favolosa atmosfera del mondo antico,  ha fatto da sfondo alle proiezioni delle immagini.