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CRISI AGRUMICOLA, E' “TRISTEZA”

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Dal 1996 l’arancia rossa di Sicilia è stata insignita del marchio IGP dall’Unione Europea. Non è però servito a molto; di certo non è servito agli agricoltori siciliani che ogni anno aspettano “l’annata buona”. Alle minacce provenienti dall’esterno, dovute per lo più all’incapacità di garantire politiche incisive in grado di proteggere il prodotto dall’invasione degli agrumi d’oltremare, si aggiungono le tradizionali problematiche nostrane: la mancanza di acqua, il virus “tristeza”.
Di recente abbiamo letto le dichiarazioni di alcuni deputati regionali ed europarlamentari che, mossi dall’allarme lanciato già da parecchio tempo da eminenti studiosi del settore, chiedono misure a tutela degli agrumicoltori.
Zona Franca ne ha parlato con il dott. agr. Corrado Vigo, presidente dell’Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali di Catania, che gentilmente ci ha chiarito alcune questioni.

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Da che cosa dipende la crisi e come si può arginare concretamente?
La crisi del settore agrumicolo dipende da tantissimi fattori; innanzitutto da una frammentazione dell’offerta, poi dai costi di produzione elevatissimi con tassazione diretta ed indiretta che mortifica i ricavi.
A luglio del 2016, dopo tre anni e mezzo di richieste, la Commissione Europea ha stanziato 891.000,00 euro. Una cifra irrisoria, considerato il problema. Perché?
Lo stanziamento di 891.000 euro che l’Unione Europea ha stanziato è scaturito da una serie di richieste fatte direttamente alla Commissione Europea attraverso l’apposito tavolo tecnico che si riunisce ogni sei mesi, ed è relativo ai controlli da effettuarsi sul territorio.
Non sono giunte in Commissione Europea richieste da parte delle nostre istituzioni per ottenere risorse dall’apposito capitolo di spese “fitopatie”, che interviene in questi casi in tutto il territorio dell’Unione Europea.
In un documento che lei ha pubblicato, sul blog che gestisce , sono indicati i rischi assicurabili;  si leggono diverse avversità ma manca la cenere dell’Etna e il virus tristeza. Chi redige questi documenti?
Il documento a cui lei si riferisce è il PSRN, ovvero il Piano di Sviluppo Rurale Nazionale, dal quale arrivano i finanziamenti di risarcimento per gli agricoltori che hanno subìto calamità naturali (tramite le assicurazioni); in quel documento ci sono tutte o quasi tutte le fitopatie presenti in Italia, ma nessun accenno alla “tristezza” o alla cenere dell’Etna …
Esiste un pericolo reale per la produzione delle arance causato dal virus tristeza?
Sì, certo, il virus è ormai diffuso quasi ovunque, e se alcuni ceppi virulenti si propagheranno, certamente in un paio di anni annienteranno le piantagioni.
Perché la politica lo ha ignorato?
Forse è stato sottovalutato nella velocità della propagazione ma soprattutto nell’importanza economica delle colture agrumicole in Sicilia.
Che cosa dovrebbe spingere i giovani siciiani a investire nell’agricoltura?
I giovani siciliani hanno a disposizione una terra bellissima, dove si può produrre di tutto, con sapori che sono l’invidia del mondo. Ma da solo tutto ciò non basta; insieme alla produzione va di pari passo la commercializzazione.
Produrre non significa detenere il prodotto, perché lo si produce e basta; bisogna anche studiare la parte della commercializzazione, e farne parte in qualche modo, solo così si può avere quel valore aggiunto, oggi appannaggio di altre figure economiche, che sono quelle che in effetti detengono il prodotto.
 
La Sicilia, quindi, terra di grandi risorse resta mortificata dall’inefficacia di una classe politica che, negli anni,  non ha saputo affrontare questioni importanti , né ha saputo sfruttare in pieno le risorse della Comunità europea. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Gli agrumicoltori non hanno la forza economica per contrastare gli imprevisti che il settore comporta: il citrus tristeza virus, è solo uno dei tanti esempi. Occorrono aiuti concreti in termini economici ma è assolutamente necessario che la nostra produzione diventi competitiva sul mercato.