Riceviamo e pubblichiamo il lungo comunicato del sindaco Mauro mangano sulla questione del simbolo PD in occasione delle prossime elezioni Amministrative.
“Paternò, imperversa la polemica sull’esistenza o meno del Pd in città
Mangano chiarisce: «Io e molti altri cittadini di Paternò continuavamo a riconoscerci nei principi e nel programma politico del più importante partito del centro-sinistra italiano»
Si volevano evitare le polemiche riguardo a liste, simboli e partiti, anche se è chiaro che quel che resta del Pd sta sostenendo di fatto tre candidati a Paternò, ma l’unico candidato realmente di centro- sinistra, a cui forse sarebbe dovuto andare il simbolo, è solo Mauro Mangano, che malgrado i silenzi del Pd provinciale, ha sempre affermato di essere un uomo del Pd. Nei valori che il Partito democratico racchiude, lui, il sindaco di Paternò e altri concittadini, soprattutto chi lo sostiene, rimangono coerentemente ancorati, senza cedimenti di sorta.
La polemica s’accende quando il segretario del Pd provinciale di Catania, Enzo Napoli posta sulla sua bacheca Face-book un lungo comunicato, nell’incipit del quale scrive: “In merito alle polemiche sollevate strumentalmente da taluni, circa la mancata presentazione di una lista col simbolo a Paternò e in altri comuni, ricordo che tale scelta è stata analogamente concordata con gli organi dirigenti locali, in tutte le occasioni in cui sono emerse divisioni e contrapposizioni significative sulle candidature alla carica di sindaco”. Le repliche non si fanno attendere. Si contesta subito l’affermazione che ci siano stati degli incontri per decidere in merito al simbolo e al candidato sindaco; si precisa che per statuto senza primarie il simbolo va al sindaco uscente nel caso si presentino altri candidati; oltre naturalmente alle risposte più dure, dove addirittura si chiedono le dimissioni di Napoli.
Il primo cittadino Mauro Mangano, senza mezzi termini, arriva al cuore del problema denunciando disgregazioni che indeboliscono il partito: «La posizione espressa dal segretario provinciale del Pd di Catania è la dimostrazione lampante di come il Pd nei fatti non sia più, nella nostra provincia, un partito. Non è un luogo in cui si discute dei temi che riguardano la società, un luogo di confronto e di scontro, se necessario, sulla Politica, ma soltanto un comitato di gestione di potere. Il potere della rappresentanza elettorale, della spartizione dei posti nelle liste e, laddove ci siano amministratori compiacenti, nelle amministrazioni locali».
Nella questione viene tirato in ballo anche il segretario cittadino del Pd Filippo Sambataro, che pare abbia mantenuto un atteggiamento tra l’indifferenza e l’ostruzione.
«A Paternò il Pd non è esistito in questi ultimi anni, – precisa Mangano- da quando il dott. Filippo Sambataro è stato designato segretario del circolo: nessuna iniziativa politica, nessun incontro, nessun dibattito. In merito alle attuali elezioni amministrative non si è svolto alcun incontro per decidere la linea politica, né a Paternò né a Catania. Nonostante l’inesistenza del Pd locale, io e molti altri cittadini di Paternò continuavamo a riconoscerci nei principi e nel programma politico del più importante partito del centro sinistra italiano, non nella fedeltà personale (correntizia è già troppo, caro segretario) nei singoli deputati di ogni livello, ma nelle idee del Pd, e perciò volevamo presentare alle elezioni la lista del Pd. Ciò non è accaduto, e questa assenza svela in fondo una verità: a Paternò non ci sarà il simbolo perché non c’era già il partito, non c’era più quella tanto citata “comunità” di donne ed uomini legati ad un ideale.
Alle prossime elezioni, di qualunque livello siano, potrebbe- prosegue- anche esserci di nuovo il simbolo, ma il partito continuerà a non esserci, né basterà a legittimarne l’esistenza l’avallo di qualche capo, la spasmodica ricerca delle preferenza svincolate da qualunque idea di ampio respiro. Non ci interessa, lo comprende bene, – conclude Mangano- che la direzione non sancisca rotture, crediamo alla politica come luogo di ingaggio dei conflitti e di sintesi, ogni scorciatoia è una resa, un cedimento alla più semplice delle idee di destra, quella che la politica si risolve nei numeri, nell’obbedienza ai rapporti di forza esistenti».
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